La legge stabilisce che i rifiuti urbani debbano essere gestiti secondo il principio di prossimità, ossia obbliga la gestione del ciclo dei rifiuti urbani all’interno dei territori delimitati in ATO. In Puglia, prima di Emiliano gli ATO erano sei, uno per provincia, questo significava che ogni provincia avrebbe dovuto chiudere il ciclo dei propri rifiuti all’interno dei propri confini. Ad agosto 2016, con la modifica voluta da Michele Emiliano della legge regionale 24/2012, i sei ATO di ampiezza provinciale si sono fusi in un unico ATO di ampiezza regionale.
Di conseguenza, con la modifica normativa, i rifiuti sono legittimati a far lunghi viaggi all’interno della regione, anche al di fuori delle province dove vengono prodotti, aumentando di fatto i costi per i cittadini e il traffico veicolare pesante lungo le strade. Se consideriamo che in Puglia la collocazione degli impianti di riciclo, trattamento e smaltimento non è equamente distribuita ma si concentra su determinati territori, appare evidente come questi territori diventino destinatari di rifiuti prodotti da altre province. Ad esempio, i rifiuti urbani indifferenziati, prodotti in tutti i comuni, devono subire un trattamento nei TMB (trattamento meccanico biologico), la presenza di tali impianti si concentra solo su alcuni territori per cui questi, come nel caso della provincia di Lecce che ha TMB sovradimensionati rispetto alla produzione provinciale di indifferenziato, divengono inevitabilmente destinatari dei rifiuti da altre province.
D’altra parte, la provincia di Bari è carente di impianti di smaltimento infatti, dopo il trattamento nei TMB locali, lo smaltimento viene effettuato perlopiù nel Tarantino dove invece insistono enormi discariche. Gli impianti di compostaggio tarantini, sovradimensionati rispetto al fabbisogno provinciale, ricevono inoltre l’umido dalle altre province, tra cui quella salentina in quanto lì mancano impianti di compostaggio. Quando poi, alcuni di questi impianti vengono chiusi temporaneamente, a seguito ad esempio di sequestri giudiziari oppure per manutenzione ordinaria e straordinaria, si va in emergenza. Questi problemi dovrebbero ridursi con l’aumento della raccolta differenziata, ma la Puglia ad oggi ha una scarsa percentuale di RD, di gran lunga inferiore al 65% stabilito per legge. Il combinato disposto di una scarsa raccolta differenziata e di impianti non adeguati o non distribuiti equamente sui territori, si traduce nell’attuale stallo in cui versa la gestione dei rifiuti, dove un giorno si e l’altro pure cittadini, sindaci e consiglieri regionali si lamentano della ricezione dei rifiuti provenienti da altre province.
La soluzione a questo problema, ormai cronico in Puglia, si potrebbe raggiungere con la suddivisione dell’ATO unico in 6 ATO di ampiezza provinciale e la contestuale riorganizzazione impiantistica, iniziando dagli impianti di compostaggio, TMB, impianti riciclo e smaltimento, dimensionati per il fabbisogno provinciale. Purtroppo, sia la normativa regionale che il futuro Piano regionale dei rifiuti attualmente in discussione, prevedono strade differenti, per cui accade che il territorio ospitante l’impianto rimane attrattore di rifiuti provenienti da qualsiasi luogo del territorio regionale.
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