Il Tribunale amministrativo del Lazio ha sentenziato che il Piano ambientale - adottato con Dpcm 2017 - non deroga dalle norme previste per la bonifica dei siti inquinati!
Il punto di riferimento per le bonifiche, quindi, continua a rimanere il Testo Unico dell’Ambiente.
Una sentenza che indirettamente dà ragione a quanto ho sempre sostenuto: il Piano ambientale, e aggiungo anche l’AIA, non garantiscono la tutela del diritto alla salute, il rispetto dell’ambiente e la sicurezza per i lavoratori del siderurgico, per cui le integrazioni richieste dal ministero dell’Ambiente e da Arpa sono legittime.
Sono molteplici gli effetti positivi di questa sentenza, partendo dal fatto che si riaprono maggiori e più proficue possibilità di intervento sulle aree Ilva, incluse nel Sito di Interesse Nazionale di Taranto, secondo una metodica ordinaria proprio come prevede il TU ambientale, con il solo fine di intervenire tempestivamente sulla salvaguardia sanitaria ed ambientale del territorio tarantino. Il caso del test di cessione sui materiali di risulta presso l’Ilva la dice lunga su come, nel corso degli anni, si sia sorvolato non poco sulla tematica ambientale.
Complimenti all’ARPA Puglia e ai suoi tecnici per aver ribadito le proprie tesi affiancandole a studi puntuali.
Ribadisco quindi che qualsiasi uso di fondi pubblici per tenere in vita l’area a caldo della fabbrica - con i decreti Salva Ilva in vigore che danneggiano l’ambiente (sebbene non ci sia più l’immunità) - è uno spreco di risorse. Quei soldi vanno investiti in bonifiche, il primo vero passo da compiere per riconvertire la città e la sua provincia!
Altro dato, purtroppo triste, è la nuova cassa integrazione per oltre 250 lavoratori assunti da Mittal che lavorano presso l’Acciaieria 1, una ennesima dimostrazione di come quella fabbrica non dia alcuna garanzia occupazionale, e inoltre che nei momenti di calo del mercato, il privato risparmia e lo Stato continua a spendere soldi pubblici...
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