Questa mattina è stata pubblicata la CNAPI (Carta nazionale delle aree potanzialmente idonee) a ospitare il Deposito Nazionale.
Per anni le associazioni ambientaliste hanno chiesto la pubblicazione di questo importante documento e finalmente questo è pubblico.
I ritardi nella pubblicazione della CNAPI sono costati negli anni miliardi di euro ai cittadini italiani: nella bolletta elettrica tramite l’ex componenti A2 e MCT, oggi incluse nei costi delle spese per oneri di sistema. E inoltre il ritardo ha comportato alti costi e rischi in termini ambientali perché stoccati in siti non idonei.
Come sapete, in commissione Ecomafie stiamo seguendo questo argomento con una relazione apposita di prossimo aggiornamento.
Cosa è il deposito nazionale?
Il Deposito Nazionale (previsto dal dlgs 31/2010) è un’infrastruttura inserita all’interno di un Parco Tecnologico comprensivo di un Centro di studi e sperimentazione, destinata allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, nonchè dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari. Si, proprio loro, i rifiuti nucleari delle centrali che hanno terminato la loro attività negli anni ‘80 sono ancora oggi un grosso problema irrisolto, e pensare che c’è ancora oggi chi afferma che “gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente”: UNA FOLLIA!
Perchè realizzarlo?
In occasione dell’alluvione del Po, che 20 anni fa causò anche l’esondazione della Dora Baltea, arrivando ad allagare i siti nucleari nel Vercellese, il Nobel per la fisica Carlo Rubbia, all’epoca presidente dell’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) parlò di "catastrofe planetaria sfiorata" proprio perchè le ex centrali dove sono stoccati la maggior parte di questi rifiuti nucleari italiani non sono adeguate come invece lo sarà il Deposito Nazionale.
Il Deposito Nazionale è necessario per smaltire i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, attualmente stoccati in depositi temporanei, presenti nei siti degli impianti nucleari disattivati, dove Sogin sta portando avanti con molta lentezza (a causa proprio della difficoltà a spostare i rifiuti nucleari) le attività di mantenimento in sicurezza e decommissioning.
Oggi, al contrario di quanto accade all’estero, non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi. La sua disponibilità permetterà di smaltire definitivamente tutti i rifiuti radioattivi italiani e di completare il decommissioning degli impianti nucleari così da poter restituire i siti che li ospitano privi di vincoli radiologici.
Quali sono le aree potenzialmente idonee?
La Sogin S.p.A. ha definito la CNAPI sulla base di caratteristiche tecniche e socio-ambientali definendo un ordine di idoneità delle aree potenzialmente idonee.
- MOLTO BUONE: 2 zone in provincia di Torino, 5 zone in provincia di Alessandria, 5 zone in provincia Viterbo;
- BUONE: 1 zona in prov. Alessandria, 2 zone in provincia di Viterbo, 1 zona a Matera, 3 zone a cavallo tra prov.Matera e prov. Bari (Matera- Gravina, Altamura), 2 zone a cavallo tra le prov Matera e prov Taranto (Matera-Laterza);
- AREE INSULARI: 10 zone in prov. Sud Sardegna, 4 zone in prov. Oristano, 1 zona in prov. Catania;
- AREE IN ZONA SISMICA 2: 6 zone in prov Potenza (Genzano di lucania, Oppido Lucano, Acerenza,), 5 zone prov. Matera (Matera, Bernalda, Montalbano jonico. Irsina), 15 zone in prov. Viterbo, 1 zona in prov. Palermo, 2 zone in prov Trapani.
Consultazione pubblica: presentare le osservazioni!
Per la prima volta in Italia la localizzazione di una grande opera avviene mediante una procedura che per legge è basata su un processo di coinvolgimento dei territori al fine di pervenire a una soluzione concordata con le comunità locali. Per la prima volta in Italia, inoltre, si prevede il meccanismo dell'adesione volontaria di una o più comunità locali a ospitare un’infrastruttura rilevante per il territorio.
Nel caso in cui non venissero espresse da parte di enti locali manifestazioni di interesse, o qualora fossero ritirate in un secondo momento tutte quelle pervenute, Sogin dovrà promuovere trattative bilaterali con le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee.
In caso di insuccesso delle trattative bilaterali (mancata intesa), verrà convocato un tavolo interistituzionale, come ulteriore tentativo di pervenire a una soluzione condivisa.
Perchè NO in Puglia e Basilicata
Personalmente penso che in Puglia e in Basilicata lo Stato abbia già fatto pagare per un interesse statale un insopportabile prezzo in termini ambientali, di salute e di sostenibilità nello sviluppo. Basti considerare l’Ilva, la Raffineria ENI, l’Itrec di Rotondella, i pozzi lucani dai quali si estrae petrolio, solo per fare alcuni esempi. Nei ricordi delle persone sono ancora vivi le forti opposizioni al tentativo di costruzione di una centrale nucleare ad Avetrana e lo stoccaggio dei rifiuti nucleari che il governo Berlusconi voleva imporre a Scanzano Jonico.
Inoltre, come si evince dalle mappe, tra le aree potenzialmente idonee, queste risultano meno idonee rispetto ad altre zone nel resto del territorio, e contestualmente sono molto lontane dalle sedi delle vecchie centrali nucleari, si pensi quindi ai rischi aggiuntivi connessi ai lunghi viaggi per trasportarle fino a qui.
Infine questi territori sono fortemente vocati al turismo e un deposito nucleare potrebbe essere un forte deterrente per l’attrattività territoriale.
Ora le comunità interessate dovranno presentare delle osservazioni ed è evidente il cambio di metodo rispetto a quando il centrodestra voleva imporre senza alcun confronto con le comunità locali e senza alcuna alternativa nella localizzazione, lo stoccaggio delle scorie nucleari a Scanzano Jonico.
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