Con 269 voti a favore il decreto sul riordino dei Ministeri è legge!
Con questo provvedimento, che sostanzialmente va a modificare alcune attribuzioni dei Ministeri, in particolare dei Beni culturali, dell’Ambiente e dell’Agricoltura, si ridà centralità all’Ambiente anche per quanto riguarda il contrasto al dissesto idrogeologico!
Di seguito un brevissimo excursus su quello che NON è stato fatto dal precedente governo, che anche esternalizzando alcune competenze in ambito ambientale non ha fatto acquisire al dicastero dell'Ambiente nessuna agevolazione, ad alcun livello.
INFATTI...l’istituzione della Struttura di missione contro il dissesto Idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche ha permesso al precedente governo di fare solo grandi annunci, attraverso la diffusione di slide e un sito internet funzionale solo alla promozione di pubblicità!
Basta una breve visita sul sito Italia Sicura per essere catapultati all’interno di un contesto fortemente comunicativo ma scarsamente concreto. Ad esempio, dalla sezione #acquepulite si accede a ‘Il Portale dell’Acqua’, caratterizzato da un’interessante rassegna di norme e dati statistici editi dall’Istat, corredato di una mappa interattiva, dalla quale si evince lo stato drammatico della depurazione in Italia e il numero impressionante di procedure di infrazione e sentenze di condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Per superare l’emergenza, la delibera CIPE 60/2012 ha stanziato 1,6 miliardi di euro per finanziare 183 interventi di collettamento e di depurazione nelle regioni del Mezzogiorno. Ma sull’attività della Struttura di Missione nessuna traccia…
Stessa linea, ossia bel confezionamento ma contenuti da vetrina, per la sezione riguardante il ‘dissesto’. Anche in questo caso solo una rassegna di norme, statistiche e dati, tratti dai rapporti ISPRA, e abbelliti da centinaia di spot propagandistici nella sezione news, utilizzata per raccontare e reiterare cose fatte dagli altri, anche attraverso la pubblicazione di gioiosi selfies delle maestranze impegnate nei cantieri degli interventi contro il dissesto.
Prendendo poi in considerazione alcuni cavalli di battaglia della Struttura di missione, come il Piano nazionale contro il dissesto, lo sblocco di 1.622 cantieri contro il dissesto, il tesoretto di 2 miliardi di euro recuperato dalle risorse non spese negli anni passati, ci si rende conto di alcune enormi falle.
Enunciato come Piano nazionale di opere e interventi di riduzione del rischio idrogeologico parrebbe qualcosa di organico e risolutivo, sostenuto altresì da un progetto e da un programma economico. In realtà si tratta di un elenco di interventi, prevalentemente contro il dissesto idrogeologico, inseriti dalle regioni in una piattaforma digitale (ReNDiS), sviluppata e gestita da ISPRA per conto del ministero dell’Ambiente già prima dell’istituzione della Struttura di missione. Tant’è che a maggio 2015, quando è stato emanato il DPCM che regolava l’accesso al ReNDiS, erano già presenti nel sistema più del 50% degli interventi inseriti fino a oggi.
Il ReNDiS è quindi lo strumento nazionale al quale hanno accesso tutti i Commissari Regionali (ora sono i Presidenti di Regione) che concordano con il territorio i lavori necessari da finanziare, dando una serie di valori classificati secondo l’urgenza. Dal 2011 al 2014, però, i Commissari al dissesto erano altri soggetti ai quali Renzi ha soffiato nel giro di pochi giorni, tramite un decreto emanato a luglio 2014, tutta la gestione dei cantieri e programmazione regionale.
Una breve digressione esplicativa per ritornare al secondo cavallo di battaglia della Struttura, ossia i 1.622 cantieri sbloccati. Non è chiaro a quali cantieri si facesse riferimento e da cosa fossero bloccati. In effetti nel 2014 incominciarono ad affluire alle contabilità speciali dei commissari straordinari delegati, incaricati di attuare gli interventi previsti dagli accordi di programma sottoscritti nel 2010 tra il Ministero dell’ambiente e le Regioni, le risorse previste dalle delibere CIPE n.6 e n.8 del 2012, circa 800 milioni di euro che diedero un impulso determinante alla realizzazione degli interventi; si trattò di un vero e proprio sblocco da una situazione di stallo. Quindi in definitiva parliamo di cantieri già avviati nel passato con fondi pubblici già stanziati in passato. Nulla è stato fatto realmente dalla Struttura di Missione.
Andiamo infine ad analizzare il tesoretto di 2 miliardi recuperati, secondo Italia Sicura, dalla revoca dei finanziamenti degli interventi finanziati dal Ministero prima del 2010 e non realizzati o non più utili. Espletate da parte del ministero dell’Ambiente tutte le verifiche necessarie, il recupero reale non ha raggiunto i 7 milioni di euro (interrogazione discussa dalla collega Federica Daga del M5S a luglio 2017 nel corso di un question time con l’allora ministro Galletti).
In sintesi, il Ministero potrà tranquillamente continuare a fare il lavoro che ha sempre fatto, prima, durante e dopo la Struttura di Missione, senza sentirne alcuna mancanza.
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